E’ morto Ta Mok, il dirigente di più alto grado tra i khmer rossi ancora in vita. Pochi giorni fa era cominciato il processo a una decina di funzionari del regime accusati di genocidio
Secondo il diritto internazionale, genocidio è il tentativo di “distruggere un diverso gruppo nazionale, razziale, etnico o religioso”. Un’interpretazione rigida di questa definizione, porterebbe a negare che in Cambogia sia mai avvenuto alcun genocidio. I khmer rossi di Pol Pot, in effetti, tra il 1975 e il 1979 uccisero altri khmer. Ne uccisero circa due milioni, su una popolazione che ne contava al massimo otto. Come se in Italia fossero stati uccisi 15 milioni di persone. Per quattro anni la Cambogia venne “sigillata”, isolata dal resto del mondo. Pol Pot sperimentò sulla pelle del suo popolo il suo progetto di “comunismo rurale”.
Se “tecnicamente” non fu un genocidio, certamente è stata un enorme e spaventoso massacro. Uno dei crimini contro l’umanità più incredibili del XX secolo. Ma cosa è accaduto in Cambogia in quegli anni?
1970, putsch di Lon Nol: l’inizio della fine
La Cambogia ottiene l’indipendenza dalla Francia nel 1953. Il re Norodom Sihanouk governa fino al marzo 1970, quando viene spodestato da una giunta militare filoamericana guidata da Lon Nol. Fino ad allora la Cambogia era rimasta neutrale, non intervenendo nel vicino conflitto vietnamita. Ora le cose cambiano. Migliaia di guerriglieri vietcong sconfinano in Cambogia per sfuggire alle incursioni degli americani. Gli Usa decidono allora di bombardare diversi campi in Cambogia, provocando gravi danni tra la popolazione civile e trascinando il Paese nel conflitto. Lon Nol dichiara infatti la guerra al Vietnam del Nord. La Cambogia diventa così una pedina della guerra fredda.
Chi sono i khmer rossi
Nelle regioni montagnose, nasce l’esercito dei khmer rossi, formazione marxista sostenuta dalla Cina. Li guida Pol Pot, giovane maoista, formatosi a Parigi. Nel 1970 sono appena cinquemila. Sono male armati e poco addestrati. Nessuno immagina che nel giro di cinque anni controlleranno tutto il Paese. Gli Usa cominciano a bombardare a tappeto le regioni lungo il confine vietnamita, nel tentativo di colpire i vietcong che hanno sconfinato. Tra i civili le vittime sono migliaia. Quando le truppe americane e sudvietnamite invadono la Cambogia per stanare i vietcong, i khmer rossi si ergono a paladini dell’identità nazionale. Comincia un periodo di guerra civile che finisce quando gli Usa si ritirano dal Vietnam. Il 17 aprile 1975 i khmer rossi conquistano la capitale Phnom Penh. E’ l’inizio del terrore.
Gulag Cambogia
Pol Pot ha le idee chiarissime. Vuole trasformare la Cambogia in un’immensa comune agricola di stampo maoista. Tutta la popolazione viene deportata nelle campagne, per lavorare i campi, spesso in luoghi lontanissimi dalla terra d’origine. L’Angka, il Partito comunista cambogiano, vuole distruggere i tre pilastri della società cambogiana: la famiglia, la religione buddista e il villaggio. I bambini sono separati dai genitori, sono ammessi soltanto i matrimoni decisi dall’Angka. Le scuole sono chiuse, il denaro abolito. Impossibile scrivere o telefonare all’estero. I templi buddisti vengono rasi al suolo. Nel 1975 ci sono 60mila monaci. Nel 1979 ne rimangono appena tremila. Anche i cham, la minoranza musulmana, è perseguitata. Di fatto, la Cambogia è un enorme campo di concentramento. Si lavoro nei campi quindici ore al giorno. Il vitto è scarso, le violenze e le torture sono all’ordine del giorno. I più maltrattati sono gli intellettuali: si attribuiscono a loro le disgrazie del Paese. Chi parla lingue straniere è un traditore. Chi porta gli occhiali, un borghese reazionario. Talmente folle da sembrare ridicolo.
1979: il Vietnam “libera” la Cambogia
Ripetuti incidenti alla frontiera sono alla base dell’invasione vietnamita alla fine del 1978. Si consuma così un altro atto della Guerra Fredda. L’Urss sostiene il Vietnam in chiave anticinese. Pechino sostiene i khmer rossi. Di fatto, l’esercito vietnamita pone fine al regime di Pol Pot entrando a Phnom Penh l’8 gennaio 1979. E’ l’unico caso di un Paese comunista liberato da un altro Paese comunista. I khmer rossi si rifugiano nella giungla a ridosso del confine thailandese. Ancora per tutti gli anni ’80, continueranno a combattere contro il governo appoggiato dal Vietnam. E’una situazione che lacera la società cambogiana e spacca il mondo comunista. Chi ha ragione? I khmer che rivendicano il diritto di decidere del futuro del loro Paese o i vietnamiti che hanno invaso uno stato sovrano ma hanno – di fatto – salvato un popolo intero da un incubo?
Le elezioni del 1993
La fine della Guerra Fredda impone una svolta anche in Cambogia. Verso la metà del 1993, le elezioni condotte sotto l’egida dell’Onu portano alla creazione di una nuova costituzione e al reinsediamento di Norodom Sihanouk al trono cambogiano. I khmer rossi boicottano però il voto e si rifiutano di partecipare ai colloqui di pace. Nel 1994 i khmer sono finalmente messi fuori legge,
Gli scontri armati continuano e nel 1997 si rompe la fragile coalizione tra il Fronte Nazionale Unito del principe Ranariddh e il Partito Popolare Cambogiano di Hun Sen. Le elezioni del 1998 riconfermano Hun Sen capo del governo, malgrado le accuse di presunti brogli elettorali alzate dall’opposizione.
1998: muore Pol Pot
Nell’aprile del 1998 muore Pol Pot, ufficialmente per attacco cardiaco. Se ne va con i suoi segreti e le sue verità. Il nostro movimento ha commesso errori, ammette in un’intervista poco prima di morire. “Ma non avevamo altra scelta”, si affretta a precisare. Il “fratello numero uno” muore prigioniero dei suoi stessi ex seguaci, rifiutandosi fino all’ultimo di collaborare alla ricostruzione del Paese. Il suo nome rimane per sempre nella storia delle grandi follie compiute nel XX secolo in nome delle ideologie,
La difficile strada per la giustizia
Nel febbraio del 2002, dopo cinque anni di trattative tra l’Onu e il governo cambogiano, fallisce il tentativo di istituire un tribunale, formato da pubblici ministeri internazionali e cambogiani, contro i crimini di guerra compiuti dai khmer rossi. L’Onu deve constatare la mancanza dei presupposti minimi per una corte obiettiva e imparziale. Sono ex khmer rossi lo stesso primo ministro Hun Sen e numerosi esponenti del governo e dei vertici militari. Condannarli significherebbe compromettere la già difficile riconciliazione nazionale.
Corruzione e povertà
Le elezioni parlamentari del luglio 2003 sono vinte dal Partito Popolare Cambogiano del primo ministro Hun Sen, prossimo alla maggioranza assoluta. Human Rights Watch denuncia una campagna elettorale all’insegna della corruzione e delle intimidazioni nei confronti degli esponenti dell’opposizione. Il problema più grande rimane la povertà. Il 43 per cento della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. La mortalità infantile è salita dal 115 per mille del 1990 al 138 per mille del 2001. Al vertice di Cancun, nel settembre 2003, la Cambogia (insieme con il Nepal) entra nel Wto. Una svolta importante, ma le condizioni sono pesanti: tagli delle tariffe doganali, apertura totale del loro mercato interno, rinuncia immediata all’utilizzo dei farmaci generici prodotti nel Paese. La Cambogia si consola con uno strano record: con 330 tra ministri e sottosegretari ha il governo più vasto del mondo. Tutto frutto della compravendita delle cariche ministeriali. Per la Cambogia la fine del tunnel è ancora lontanissima.