Un libro racconta la camorra in presa diretta. Senza l’enfasi del bestseller di Saviano
Non ce ne vogliano gli estimatori di Roberto Saviano, ma a noi Gomorra non è proprio piaciuto. Sul valore civile del libro non si discute. Ma, come disse una volta Max Weber, “chi vuole lo spettacolo vada al cinema, chi vuole la predica vada in chiesa”. E noi credevamo di leggere un libro. Le prime venti pagine, con il racconto del porto di Napoli, sono avvincenti. Poi però il libro diventa un insieme di tante cose diverse messe insieme, raccontate in modo monocorde e ridondante. Arrivati alla citazione del celebre “Io so” di Pasolini, la voglia di chiudere il libro è stata forte.
Rischio che invece non si corre mai con Io, per fortuna c’ho la camorra, del “nostro” Sergio Nazzaro. Chi legge Il cassetto da almeno un paio d’anni, conosce sicuramente le sue cronache da Mondragone e dintorni. Un filo diretto iniziato molto prima che i media nazionali si ricordassero che la Campania è dominata dalla camorra (anzi, dal “sistema”) e sommersa dai rifiuti. Il libro è costruito su un’intuizione semplice e felice: 24 ore in terra di camorra, ora per ora. Tra attentati, sparatorie, ingiustizie quotidiane. Eclatanti e silenziose. Ma sempre continue, sistematiche.
Il libro di Nazzaro va letto non solo per il tema che tratta, ma soprattutto perché è un bel libro. Scritto bene e con un buon lavoro della casa editrice alla base. Perché chi scrive non dovrebbe mai dimenticare che c’è sempre qualcuno che legge. O che almeno ci prova.