Un medico convinto di poter sconfiggere il cancro
La Multiterapia Di Bella è fallita. Così ha sentenziato l’Istituto Superiore di Sanità nel 1998, alla fine della fase di sperimentazione della terapia inventata dal medico siciliano, scomparso il 1° luglio 2003 all’età di 91 anni. I motivi erano chiari: non giova ai malati. A nulla è valso il tentativo del Professore di far capire che i farmaci usati nella sperimentazione erano diversi o in dosi differenti da quelli usati da lui per curare i suoi malati. E non è sbagliato dire “suoi”, poiché Di Bella quei pazienti li accoglieva nella casa di Modena dove viveva, visitandoli gratuitamente, come sempre ha fatto nella sua carriera di medico. Per non parlare dei farmaci scaduti che venivano somministrati alle “cavie” sottoposte alla sperimentazione. E di questo parliamo più avanti.
Proviamo, prima, ad indagare nella vita di Luigi Di Bella, per tentare di capire se c’è un motivo valido che ha portato a questo ostracismo da parte della sanità ufficiale.
Tutto comincia con la melatonina
All’inizio della sua carriera di clinico e ricercatore, caratteristica oggi inedita ma che sfocia in una simbiosi rigorosa che spazia tra le più svariate discipline del sapere medico, Di Bella si concentra sulla genesi e la cura delle emopatie, le malattie del sangue come la leucemia. Siamo agli inizi degli anni Sessanta, e il Professore capisce l’importanza del sistema nervoso nella composizione del sangue. Stimolando elettricamente due formazioni nervose localizzate nell’epitalamo, le piastrine aumentano da 200 a 600 mila, grazie alla secrezione della melatonina, una sostanza priva di tossicità isolata nel 1958 dallo statunitense Lerner, che per tale studio ricevette il Premio Nobel. Di Bella comprende che la causa di morte della leucemia è dovuta in particolare ad emorragie, soprattutto cerebrali, causate da un basso numero di piastrine. L’impiego di melatonina è quindi essenziale. La scoperta dell’influenza del sistema nervoso sulla composizione del sangue meriterebbe l’assegnazione del Nobel, come sostengono illustri fisiologi di quegli anni, ma il premio, che di norma viene assegnato a coloro che contribuiscono a migliorare la qualità della vita umana, non arriva.
In seguito, alla melatonina vengono accostate le vitamine E ed A e l’adenosina, sostanza indispensabile per i suoi effetti in ematologia ed in oncologia. Ogni spesa per l’acquisto della sostanza e per le ricerche viene sostenuta di tasca propria da Di Bella, che non fa e non farà mai ricorso a fondi universitari dei quali avrebbe potuto disporre a semplice richiesta.
1973: Di Bella esce allo scoperto
Il 6 dicembre 1973, Di Bella interviene a una conferenza della Società Medico Chirurgica di Bologna, comunicando la guarigione di sette casi di gravi malattie ematologiche. La notizia viene riportata dai giornali di tutto il mondo, compresi quelli italiani, con grande risalto. I potenti della medicina, però, non ci stanno. A Modena, dove Di Bella insegna da tempo, una riunione di facoltà decide di non rinnovargli l’incarico annuale. Sotto la minaccia di adire le vie legali, l’Università fa marcia indietro.
In quel periodo il Professore aveva già iniziato delle sperimentazioni per curare i tumori solidi. Nel 1977 annuncia l’uso di somatostatina e di suoi omologhi per bloccare la crescita di elementi neoplastici, ossia tumorali. La somatostatina, associata alla melatonina, a inibitori della prolattina e ACTH, un ormone proteico prodotto da cellule dell’ipofisi anteriore, porta alla completa guarigione in molti casi di metastasi cerebrali da tumore alla mammella.
Inoltre, come afferma Di Bella in un congresso a Berna nel 1980, “la bontà dei risultati consente ai pazienti di proseguire la loro vita sociale e famigliare ed una sopravvivenza significativamente più lunga” poiché “la terapia non comporta alcuna tossicità ed è ben tollerata”. In seguito afferma anche che la terapia è in grado di prevenire la formazione di metastasi.
Ricercatori di fama mondiale riconoscono la veridicità dei suoi risultati. Alla fine del 1989 si parla di una sua candidatura al Nobel, ma neanche questa volta il premio arriva. Arriva, però, un piccolo riconoscimento, che al Professore avrà fatto comunque piacere. Si tratta del “premio della bontà” per “avere sempre visitato gratuitamente i propri pazienti”, che gli viene consegnato presso la Chiesa di Villanova (Mo).
”Non morirai di questo male”
Nel febbraio 1995 esce il libro del Dottor Mauro Todisco “Non morirai di questo male – Luigi Di Bella – La storia del medico che ha aperto una nuova linea nella lotta al cancro” (Ed. Sestante), che suscita scalpore e rompe il silenzio che si vuole far calare sulla terapia.
Mentre negli Stati Uniti la melatonina viene venduta al supermercato, poiché è stata provata la sua atossicità, in Italia viene organizzata una campagna stampa che ridicolizza la sostanza. Poco dopo il Decreto Legge N. 161, reiterato dal 291, blocca la diffusione della melatonina e della terapia Di Bella. Il decreto viene ritirato quando i pazienti insorgono minacciando di denunciare il Ministero per omicidio colposo plurimo.
Nel 1997, il Professore tiene una conferenza a Roma, dove mette a disposizione di tutti i risultati delle sue ricerche e della cura di oltre ventimila pazienti.
1998: la sperimentazione ufficiale
E siamo al 1998, anno della sperimentazione ufficiale, da parte del Ministero della Sanità presieduto da Rosy Bindi, della Multiterapia Di Bella, anzi, come è stata definita dallo stesso Di Bella nel 1988, “Terapia Biologica dei Tumori”. Curiosamente la sperimentazione non coinvolge il medico in prima persona. A sovrintendere la commissione di esperti è Umberto Veronesi, che prenderà il posto di Rosy Bindi nel 2000 e che, tra l’altro, nel 1999 annuncia la “scoperta” dell’efficacia del fenretinide nel trattamento dei tumori. Il fenretinide, però, non è altro che un analogo sintetico della vitamina A, parente stretto dell’acido retinoico, una delle sostanze che Di Bella utilizza fin dal 1987. I risultati della sperimentazione sono noti: la cura è un fallimento.
I dubbi di Guariniello
Non serve a nulla la denuncia del Professore che dichiara che quella non è la sua cura per la qualità e la quantità dei farmaci impiegati. Né serve l’indagine eseguita dal procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello, che denuncia l’irregolarità della sperimentazione. Secondo Guariniello alcuni dei 386 malati sottoposti alla terapia sarebbero stati trattati con farmaci scaduti o deteriorati, con chissà quali effetti sulla loro salute. Lo sciroppo di retinoidi, farmaco indispensabile per la Multiterapia Di Bella, ha la durata di tre mesi, massimo quattro se viene tenuto in frigorifero. L’Istituto Superiore di Sanità questo lo sa, ma avvisa solo uno, sotto specifica richiesta di chiarimento, dei 51 ospedali d’Italia coinvolti nella sperimentazione. Quattro dirigenti dell’Istituto finiscono sotto inchiesta. I loro difensori chiedono ed ottengono dal Pg della Cassazione Nino Abbate il trasferimento dell’inchiesta a Firenze, con la curiosa motivazione che i farmaci “incriminati” sono prodotti dall’Istituto farmacologico militare fiorentino. Inutile l’opposizione di Guariniello, il quale, sentenza della Cassazione alla mano, ha ribattuto che il decreto 443 non punisce la produzione o la detenzione, ma la somministrazione di farmaci guasti, avvenuta, come accertato dalla sua indagine, a Torino e provincia. Si tratta di errori in buona fede o di condotte dolose?
Il metodo Di Bella oggi
Oggi il metodo Di Bella viene attuato da cento-centocinquanta medici in tutta Italia. Giuseppe Di Bella, figlio del Professore, dopo due anni di lavoro, nel luglio 2004 è riuscito a ottenere dallo Stato il riconoscimento di una Fondazione intitolata al padre di cui egli stesso è presidente. “Una delle finalità principali della Fondazione – ha spiegato – è quella di dare una risposta chiara, definitiva e scientificamente inattaccabile a tutti i quesiti che la sperimentazione della Multiterapia, avviata nel 1998, ha lasciato insoluti per le anomalie che l’hanno destituita di ogni significato scientifico”.
Il cammino per continuare l’opera di Di Bella ora sarà più facile. Perché, come diceva il Professore nel 1997, “Con le conoscenze che abbiamo oggi il cancro si può dominare e vincere, basta fare un salto di qualità mentale per poter guardare con occhi nuovi ai farmaci di cui già disponiamo e combinarli sapientemente adottando la buona pratica medica ed i principi di scienza e coscienza”.